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venerdì 20 aprile 2012

La via dello yoga.

Lo yoga non consiste in una coperta rappezzata,
né in un bastone, né in ceneri cosparse sul corpo!
Lo yoga non consiste in anelli portati alle orecchie,
né in un capo rasato, né nel suonare conchiglie.

Rimani puro fra le impurità del mondo:
così troverai la via dello yoga.
Lo yoga non è una questione di parole:
colui che, abbracciandoli in un solo sguardo,
considera uguali tutti i mortali,
quello può essere chiamato uno yogin!
Lo yoga non consiste nel visitare monumenti funerari

né luoghi di cremazione;
lo yoga non consiste nello star seduti in estasi.
Lo yoga non consiste nel vagare nella propria terra o in terre straniere,
né nel bagnarsi nei sacri tirtha.
Rimani puro fra le impurità del mondo:
così troverai la via dello yoga.


Se si incontra il Vero Guru il dubbio è disperso
e cessa il vagare della mente.
Piove ambrosia, si ode la musica divina del sahaj
e l’uomo è felice nella sua stessa casa.
Rimani puro fra le impurità del mondo:
così troverai la via dello yoga.
Oh  Nanak, sii come morto nel mezzo della vita:

tale è lo yoga che devi praticare.
Quando la conchiglia suona senza bisogno di soffiarvi,
tu stai per conquistare la condizione che non conosce paura.
Rimani puro fra le impurità del mondo:
così troverai la via dello yoga".

Guru Nanak


lunedì 16 aprile 2012

Pranayama: il respiro della vita.


I have no body - Io non ho corpo

I have no mind - Non ho mente

I have no spirit - Non ho spirito

I’m just the breath of God - Sono solo il respiro di Dio

The breath of life - Il respiro della vita

The breath of life - Il respiro della vita

The breath of God - Il respiro di Dio.

                              - Yogi Bhajan


Curiosando tra gli appunti del Teacher Training 1, ho trovato la questa bellissima citazione di Yogi Bhajan che ci ha riportato la nostra insegnante quando ha cominciato a porre le basi della scienza del respiro: il pranayama.


Il pranayama fa parte del più ampio progetto di rieducazione delle mente a cui si lavora con lo yoga e la meditazione. Tra i gradini prefigurati da Patanjali che ci guideranno in direzione di samadhi (il risveglio), è sicuramente un passo fondamentale. Il pranayama ci insegna che il respiro, come pure il corpo e la mente, non ci appartengono, ma sono di Dio. Con la parola “Dio” nel Kundalini non si intende necessariamente il Dio cristiano personificato, ma un’Entità superiore di cui tutto fa parte. Possiamo chiamarlo in tanti modi e Yogi Bhajan non disdegna di chiamarlo Dio.

Così è la vita che ci respira. Dio ci respira. Con il pranayama si costruisce una relazione con questa Entità, comprendendo di far parte di qualcosa di più ampio della nostra limitata corporeità e della nostra limitata mente.


Queste verità sono lontanissime per noi che siamo abituati a pensare che corpo e mente ci appartengano. La nostra società è sempre più ego-centrica e questo non fa che acuire la nostra errata visione delle cose. In realtà sono solo costruzioni mentali, ma sono così radicate in noi da sembrarci delle verità. Così ci ritroviamo a dare per scontato che il respiro sia nostro, che siamo noi a respirare.


Il respiro è l’essenza stessa della nostra esistenza. È il primo ed ultimo atto di questa nostra incarnazione. Mediante questo strumento di vita possiamo disciplinare la mente e connetterci con l’anima. Migliorandone la fisiologia possiamo intraprendere un percorso di connessione con i suoi aspetti più mistici. 

Portando l'attenzione al respiro si nota facilmente come questo cambi a seconda degli stati d'animo. Quando si è agitati ad esempio la respirazione è corta e toracica. Regolandola e facendola diventare lenta e profonda si nota subito che l'agitazione diminuisce. Il respiro infatti è l'unica attività automatica del nostro corpo sulla quale possiamo interferire. Non possiamo far battere il nostro cuore meno velocemente (perlomeno non direttamente!), ma sul respiro possiamo intervenire. Ed i vantaggi nell'acquisire maestria nel pranayama sono immensi.


Il prana è l’energia che ci da nutrimento. Niente di più semplice. Non dimentichiamoci mai di respirare e buona pratica a tutti!

mercoledì 11 aprile 2012

Un mantra per il coraggio e la prosperità: Ajai Alai.


Ieri abbiamo ascoltato un mantra durante tutta la classe di yoga Kundalini. Il mantra in questione è “Ajai, Alai”. È un mantra che rimane subito impresso per le sue sonorità e, una volta conosciute le parole, anche per il suo significato. 

Il mantra è uno strumento molto utilizzato nelle meditazioni nel Kundalini. Ce ne sono molti, ognuno con i propri effetti e le proprie qualità. C’è una apposita branca di studio nel Kundalini, chiamata scienza del Naad che studia come la vibrazione del suono agisce ed impatta sulla nostra mente e sul mondo che ci circonda. Dedicherò un post esclusivamente alla scienza del Naad molto presto.

“Ajai Alai” è un mantra tratto dal Jaap Sahib, testo sacro della tradizione Sikh che viene utilizzato per risvegliare la propria Anima. È una mantra per la prosperità e la buona sorte. Dona la capacità di veder realizzato ogni desiderio e di superare ogni avversità infondendoti il coraggio e la capacità di capire cosa le persone ti stanno veramente dicendo.

Di seguito il mantra ed il suo significato:

Ajai Alai, Abhai Abhai, Abhoo Ajoo, Anaas Akaas Aganj Abhanj, Alakh Abhakh, Akaal Deaal, Alek Abehk, Anaam Akaam, Agaahaa Adhaahaa, Anaatay Parmaatay, Ajouni Amouni, Na Raage Na Ranghe, Na Rupe Na Reke, Akaramang Abharamang, Aganje Alekhe.

Invincibile, Indistruttibile, Senza paura, Ovunque, Non nato, Eterno, Indistruttibile, In ogni cosa, Invincibile, Indivisibile, Invisibile, Libero dal desiderio, Immortale, Buono, Inimmaginabile, Senza forma, Innominabile, Libero dai desideri, Impenetrabile, Indistruttibile, Senza Maestro, Distruttore, Oltre la nascita e la morte, Oltre il silenzio, Più dell’amore stesso, Oltre ogni colore, Senza forma, Oltre i chakra, Oltre il karma, Oltre il dubbio, oltre le battaglie, Inimmaginabile.

Una delle versioni che preferisco è dei Mirabai Ceiba che potete ascoltare nel link qua sotto.

martedì 10 aprile 2012

L'Amore Universale e la mente della Bodhicitta.



I Monaci Tibetani saranno già in viaggio verso la prossima tappa del Tour Mondiale della Pace Interiore. Inutile dire che un velo di tristezza mi accompagna da domenica dopo quattro giorni con loro, con la sangat e tutte le bellissime persone che sono venute al centro Ram Dass e che hanno lasciato un contributo per la causa del Monastero di Gaden Shartse e la causa del Tibet. Oggi volevo fare il punto su quello che mi è rimasto maggiormente impresso del secondo seminario del Lama: la Bodhicitta. 

La Bodhicitta è un atteggiamento mentale che scaturisce da una profonda compassione. Consiste nell’aspirazione ad uscire dal samsara e raggiungere l’illuminazione allo scopo di poter poi guidare anche tutti gli altri esseri viventi nella stessa direzione. La motivazione è duplice. Da una parte avendo vissuto incarnazioni da un tempo senza inizio, abbiamo avuto tante madri. Così tutti gli esseri senzienti sono stati, prima o poi, colei che ci ha creato, nutrito ed educato con amore. 

Una seconda spiegazione fornita dal Lama è che in effetti non esiste una valida motivazione per ritenere tutti gli altri esseri viventi meno importanti di noi stessi. Aspiriamo tutti a raggiungere la felicità e non avremmo ragioni per creare differenza tra noi e gli altri esseri viventi a causa delle nostre preferenze ed avversioni. La nostra scontata classificazione degli esseri in “amico, non amico ed indifferente” deve lasciare il posto all’uguaglianza in quanto cerchiamo tutti di uscire dalla sofferenza. Nessuno escluso, neanche la formica.

La Bodhicitta non è solo compassione, ma anche saggezza. Sta nel comprendere la Vacuità,per cui tutti i fenomeni sono interconnessi e non esistono in modo indipendente. Anche la coscienza che lo percepisce è essa stessa priva di esistenza inerente.

Ma come svilupparla? Una possibilità ed una forma di meditazione secondo il Lama è la volontà: ci si impegna a non far insorgere sentimenti di avversione nei confronti degli altri e contemporaneamente ci si dedica al coltivare amore, compassione e saggezza. Allo stesso tempo ci si impegna in azioni positive, come la generosità.  

Ovviamente anche qua la meditazione gioca un ruolo fondamentale, perché ci permette di sviluppare la saggezza che sorge dal contemplare la vera natura della realtà. Stare seduti ore nel mezzo loto, a patto che si stia davvero meditando, non ci porta ad essere persone migliori. Diventa anzi una pratica vuota se non è accompagnata dallo sviluppo della Bodhicitta. Di tutti  i discorsi fatti in questi giorni, questo è l’insegnamento che più mi ha colpito e che spero porterò nel cuore e nella mente per molto, molto tempo. 



lunedì 9 aprile 2012

Il sale della vita.

Una carissima amica, forse la più cara, ha risposto ad una rivista online che chiedeva alle lettrici  che cosa fosse il sale della vita per loro. Dato che l'ho trovata molto significativa (non ne avevo dubbi, conoscendo l'anima della mia amica), le ho chiesto se potevo pubblicarla e così ve la riporto:  



….entrare in un negozio bio, trovare dimostrazione didattica  su come si fa  il formaggio e tanti bambini incantati a guardare….   ritornare indietro di una ventina d’anni e ricordare quando  la mia nonna il  formaggio lo faceva in una casa di campagna vera, con gli animale veri e il  cibo bio vero, quando il bio non esisteva…   il nonno che riportava il latte caldo appena munto, lei che lo faceva bollire  sul camino e poi la cagliata e tutto il naturale provcedimento,  dalla  mozzarella, alla forma del  formaggio messa in uno  stampo di legno vecchio  chissà quanto,  alla ricotta finale che io aspettavo con trepidazione per  mangiare con la marmellata, sempre fatta dalla nonna con la frutta dei suoi  frutteti… tutto quell’impasto caldo e vivo  che la nonna mi faceva toccare,  maneggiare,  mangiare…   e poi portare la forma del formaggio in soffitta al buio, dove tanti altri  prodotti della loro terra erano riposti, ognuno con il suo odore inconfondibile  e oramai perduto,  dove l’odore forte del formaggio ti entrava nello stomaco,  riporre quel formaggio tra tra tanti altri ed aspettar e i ritmi giusti della  natura prima di mangiarlo sulla pasta fatta in casa, sempre dalla nonna…   non so quei bambini nel  negozio bio che idea si sono fatti su  come si fa il  formaggio, ma sicuro non gli rimarrà per tutta la vita quel profumo, quella  preparazione lenta, naturale e vera,  quella nostalgia di un tempo che, allora  non apprezzavo, ma che oggi  ritengo l’eredità più preziosa che i miei nonni   potevano lasciarmi… questa è una sensazione per cui vale la pena vivere…  

Moira

venerdì 6 aprile 2012

La ricetta della felicità secondo Geshe Nagwang Tsering



Dopo il benvenuto del sindaco a nome della città di Viterbo, ieri pomeriggio i Monaci Tibetani hanno tenuto il loro primo discorso presso l'Associazione Ram Dass. 

Oltre ogni aspettativa, in molti hanno partecipato al primo seminario, confortante segnale che qualcosa sta cambiando. Si fa viva sempre più una diffusa ricerca di spiritualità per un nuovo approccio alla nostra esistenza. Segno che sempre più persone sono pronte per riportare nella nostra società alti ideali che per troppo tempo sembravano andare scomparendo.

Il Lama durante il suo discorso è stato semplice e diretto, così come è il cuore del messaggio buddhista. Una religione per tutti, che va oltre dogmi e fede e che abbraccia l’intero universo del sentire umano. Una filosofia di vita, come amano dire in tanti, perché propone una vera  e propria formula per la felicità.

Tre sono gli ingredienti della felicità: il non-attaccamento, l’altruismo e la mente limpida. L’attaccamento è un concetto centrale nel buddhismo. Nasce dal nostro ego che non fa altro che desiderare. Vuole amore, ricchezza, materialità e non si rende conto che “senza l’altro, gli oggetti non esisterebbero neppure”. Avremmo forse del calzini se qualcuno non li producesse? Questa bramosia non conosce confini e ci inganna perché ci fa pensare che se avessimo ricchezza non potremmo desiderare altro. Ma non è così. Continuerebbe a volerne ancora. Per questo il Lama ci spiega l’importanza di saper vivere con poco, perché più si ha e più di desidera.

La compassione è il secondo ingrediente fondamentale. Più si abbandonano i bisogni del proprio ego e ci si dedica al prossimo e più aumenta la felicità.

Il terzo lavoro da compiere su noi stessi è altrettanto importante: coltivare una mente limpida. Il buddhismo sostiene che la nostra mente è come una scimmia che salta di albero in albero. Non smettiamo mai di produrre pensiero e questo ci causa una grande infelicità. Ridurne la mole ci può dare una grande gioia.

Il buddhismo crede fortemente che la causa dei nostri mali vada ricercata all’interno di noi. Non viviamo mai nel momento presente e la vita ci passa davanti come un sogno. Per questo occorre meditare, per allenare la mente ad essere consapevole e presente e per coltivare la compassione così che questa non diventi un solo atto di volontà al fine di sentirci meglio con noi stessi (di nuovo “io, io, io, io!)”, ma sgorghi spontaneamente dal nostro cuore senza voler nulla in cambio.

Ogni bene. 

mercoledì 4 aprile 2012

Lama in arrivo: per un primo approccio alla meditazione Vipassana.

In questi giorni c’è un gran fermento a Viterbo, perché il mio centro yoga ha deciso di ospitare il 12° Tour Mondiale per la Pace Interiore. Oggi stesso andremo a prendere 6 Lama tibetani a Roma per portarli a Viterbo. Ovviamente si è fatto un gran parlare di tradizione buddhista e meditazione Vipassana.  Ed è proprio di quest’ultima che vi vorrei parlare.

Quando ho cominciato a fare yoga e mi trovavo a recitare mantra ed approcciare delle asana, il mio interesse per la meditazione cresceva. Incuriosita chiedevo a mio fratello, meditatore da anni, di spiegarmi come si faceva Vipassana. Così mi ha passato qualche libro e dei file audio da ascoltare. La sera prima di andare a letto mi sentivo i “discorsi della sera” che vengono fatti ai discenti in ritiro di meditazione Vipassana nel centro italiano del maestro Goenka. 

Mi ha subito stupito l’immediatezza e la laicità dell’approccio. Si sta a gambe incrociate e ci si concentra sul respiro. Concentrarsi sul respiro ci riporta immediatamente all'istante presente, perché in effetti quando si sta fermi a gambe incrociate, quella è l'unica realtà di quel momento. Di certo non è quello che suggerisce la mente che è così indaffarata nei suoi pensieri che non riesce mai a godere del momento presente. Siamo come persi nella miriade di pensieri che produciamo a livello conscio ed inconscio ad ogni battere di ciglio.

Ecco quindi un metodo per ancorarci al presente e vivere in maniera più consapevole. In realtà nonostante  la sua apparente semplicità (vi starete già dicendo “e che ci vorrà a stare seduti ad ascoltare il respiro?”), questa è una pratica complessa che richiede impegno costante ed una grande motivazione. Così ho cominciato, dopo alcuni mesi ho smesso, poi ho ripreso.

Da quando ho deciso di intraprendere il Teacher Training ho deciso di dedicarmi solo alla tecnologia del Kundalini e la mattina nell’ambito della mia breve Sadhana faccio una meditazione assegnatami dalla mia insegnante. Nonostante gli indubbi benefici della pratica del Kundalini, in cuor mio sento che dovrei riprendere anche la pratica della Vipassana. Se ti ci avvicini, se ne capisci l’approccio è davvero difficile non inglobarla nella tua vita. È così semplice, lineare e pragmatica che è alla portata di tutti. Sto lavorando ad un post sulle differenze tra le meditazioni Kundalini  e la Vipassana. A breve su questo blog. 

martedì 3 aprile 2012

Il 12° Tour Mondiale della Pace Interiore. Viterbo 5-7 aprile 2012






Il 12° Tour Mondiale della Pace Interiore guidato dai Monaci Tibetani del Monastero di Gaden Shartse in India, fa tappa a Viterbo. A partire da giovedì 5 aprile sono previste una serie di iniziative presso il Centro Ram Dass, sito in viale Fiume 30 a Bagnaia.

Il tour nasce con la benedizione di S.S. Il XIV° Dalai Lama in persona ed ha lo scopo di condividere l’esaltazione dei valori umani come la Compassione, l’Amore Universale, l’Unità e la Pace Interiore, temi universali e cari ad ogni individuo ed ogni religione.

Il tour della pace tocca numerosi paesi in Europa e in America; nel mese di aprile i Monaci saranno anche ospitati dalla regione Toscana e dalla città di Napoli, incontro patrocinato dall’amministrazione comunale.

Viaggiando per il mondo i Monaci hanno anche la possibilità di raccogliere fondi per il Monastero di Gaden Shartse, originariamente fondato in Tibet. Dopo l’occupazione da parte della Cina, oltre  100.000 tibetani seguirono il loro leader spirituale, il Dalai Lama, in India. Là alcuni monaci in esilio, rifondarono il Monastero con lo scopo di mantenere viva l'educazione e la millenaria cultura tibetana altrimenti destinata a scomparire. Oggi il Monastero ospita circa 1400 persone di cui 2/3 circa sono orfani.

Sarà possibile partecipare alle cerimonie di Iniziazione e alle Meditazioni. Queste pratiche sono basate sui principi che sono stati conservati nel corso dei millenni dalla tradizione tibetana, promuovono l’ideale della spiritualità, la conoscenza interiore e lo sviluppo e sostenimento dell’armonia sulla terra.

Attraverso le attività offerte si cerca di tendere un ponte di luce e trasformazione tra i partecipanti al fine di modificare il sentire, compito che, per tradizione ancestrale, i Monaci del Tibet, si sono dedicati a coltivare. Per partecipare agli incontri sono consigliati infatti dei contributi base, ma ognuno potrà lasciare un contributo sulla base delle sue possibilità. 

Oltre alle attività indicate di seguito nel programma, i Monaci sono disponibili nelle giornate su appuntamento per: consulti di medicina tibetana, consulti astrologici (lettura della carta del cielo secondo l'astrologia tibetana), massaggio tibetano e benedizioni della casa o dei luoghi di lavoro. Per prenotare una delle seguenti attività è necessario contattare direttamente il Centro Ram Dass. 

Tutte le iniziative sono riportate nel programma seguente:

giovedì 5 aprile
ore 18.00 conferenza sul tour della Pace Interiore

ore 20.00 Puja di Tara divinità femminile che si invoca per aprire e facilitare la via al cammino spirituale

venerdì 6 aprile
ore 18.00 conferenza Amore Universale, Maitreya il Buddha del futuro

ore 20.00 Iniziazione al Buddha Maitreya

sabato 7 aprile
ore 11.00 Puja di Kangso – si invoca il Lhamo o Mahakali, protettore del Dalai Lama e del Tibet. Questa puja o rituale di purificazione viene realizzata per eliminare le negatività e gli ostacoli dalla nostra vita. Palden Lhamo è un protettore del Dharma ed è una divinità “Iraconda”, che ci aiuta ad uscire dall’oscurità mentale e dai dubbi. Apporta certezza e fiducia.

ore 13.00 condivisione del pranzo al Centro Ram Dass (aperto tutti, chi vuole può portare qualcosa da condividere).

Per informazioni e prenotazioni contattare il Centro Ram Dass: Bachan Kaur 347 11 76 616. 

lunedì 2 aprile 2012

Il calibro di un insegnante.


Decidere di fare un Teacher Training di Yoga Kundalini è una scelta che va oltre al semplice desiderio di diventare un insegnante. Ho personalmente avuto modo di constatare che tra le quasi 20 persone che compongono il mio corso la motivazione è perlopiù personale. Infatti anche nei più convinti futuri insegnanti, la  spinta inziale è sempre quella di fare qualcosa per sé stessi. Si studia un metodo, una vera e propria tecnologia, ma se non la si riesce a mettere al proprio servizio, è impensabile di poterla condividere.

Un bravo insegnante è qualcuno che ha interiorizzato gli insegnamenti a tal punto da farli propri. Deve essere un esempio per i suoi discenti, la riprova che la tecnica associata ad una fervente pratica conducono a dei risultati. Sono dell'avviso che per quanto armati delle migliori intenzioni, non ci si può improvvisare in questo compito.

Apprendere tecniche millenarie ti apre il sentiero che conduce alla consapevolezza, ma questo non basta. Se non ti butti e non cominci a praticare, restano solo tante belle parole. Se non fai esperienza e non provi alcune verità fondamentali su di te, continueranno ad essere verità di qualcun altro. Certo è anche vero che tutti devono cominciare da qualche parte e che un insegnante non nasce perfetto. Anzi, perfetto in questa incarnazione magari non lo sarà mai, ma la pratica dell’insegnamento stesso e della condivisione forniscono materiale importante per la crescita personale.

Personalmente un paio di volte ho provato ad condurre una classe, sotto la supervisione dei miei insegnanti. Ho sperimentato che per quanto ci si possa preparare, per quanto si possa aver studiato, le cose non sono mai come ce le aspettiamo. Quando si finisce di guidare il canto dell’Ong Namo e si aprono gli occhi, ci si rende subito conto di cosa voglia dire avere una “connessione” con la classe.

Se sei un bravo attore puoi anche mentire, ma non puoi farlo con te stesso, quando ti senti pronunciare certe verità ad alta voce. L’integrità non è per tutti una virtù innata (e non c’è niente di male in questo: siamo umani), ma la si può costruire senza lo sforzo di voler essere perfetti. Abbandoniamo il desiderio di voler essere diversi da come siamo e pratichiamo. Dicono che con la pratica la trasformazione avviene. Meno la si desidera e più avviene.