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venerdì 15 giugno 2012

“You can chant, you can breathe, you can move”.

 È ancora periodo di mattana per Kalyan: tante idée per la testa e tanta confusione. Mi sembra di non avere nulla sotto controllo ed anche la meditazione va male. In realtà la meditazione non può andare né bene né male, ma è quello che è. Diciamo che intendo più che altro il calo di motivazione, questo sentire che la mente con sue sciocche ragioni sovrasta la volontà della mia anima con una  prepotenza senza fine.

Mi siedo, comincio a meditare e la mente sbuffa. Apro gli occhi, guardo quanto tempo è passato. Riprendo. La mia mente si perde di nuovo dietro qualche “film”. Riprendo. Mi viene in mente quello che devo fare dopo. Respiro di nuovo. “Ma che sto facendo invece di meditare?”. “Possibile che non sia in grado di metterci un po’ più di impegno?”. “Alla fine non mi obbliga mica nessuno!”.

Certi giorni poi la mente trova una giustificazione per saltare e mi viene in mente che neanche due mesi fa, mi alzavo con gioia e motivazione dal letto per la mia piccola sadhana. Ma tutto è impermanente ed il pensiero non sfugge di certo alla legge che regola il Tutto.

Darsi una disciplina da sempre buoni frutti: quella bertuccia della mente altrimenti se ne va in giro a fare dispetti. Li fa alla mia anima, li fa al mio cuore.  Eppure anche in questo marasma, che per alcuni è “sentirsi vivi” (mai sentito stupidaggine più grande: meno siamo centrati e presenti a noi stessi e più siamo addormentati nel sogno della vita!), mi capita di sentire il cuore che urla vendetta. È così per esempio stamani mi sono alzata mezz’ora prima per leggere il Japji Sahib.

E mi viene spesso in mente la frase di Yogi Bhajan che ripeteva Shiv Charan Singh (che per me è il primo vero Maestro che ho incontrato nell’ambito dello Yoga Kundalini). Diceva sempre che qualsiasi cosa succeda, finché sei vivo, “you can chant, you can breathe, you can move” (puoi cantare, puoi respirare, puoi muoverti). E trovo che questa affermazione raccolga la quintessenza dello yoga Kundalini. Si cantano mantra, si respira consapevolmente e ci si muove durante kriya e spesso anche nelle meditazioni.

E spero che porterò sempre con me questa tecnica che studio e continuo a sperimentare. Sarà per me talvolta rifugio, talvolta gioia, ma sempre, sempre, uno strumento per imparare a percepire la realtà per quella che è.


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