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lunedì 5 marzo 2012

L'ultima aberrazione occidentale: lo yoga come disciplina olimpionica.



Ecco come indispettirsi in un uggioso lunedì mattina: trovare questa notizia su Repubblica.
Dopo un week-end trascorso a discorrere sul tema della meditazione e del risveglio con una bravissima  insegnante di Kundalini Yoga, leggere che lo Yoga aspira a diventare sport olimpico mi ha fatto letteralmente accapponare la pelle.

Una prima magra consolazione l'ho trovata nel fatto che tale aspirazione è americana. Ma non è sufficiente. Innanzi tutto trovo che un approccio agonistico allo yoga, vada totalmente contro la sua essenza. Lo yoga è un lavoro basato sul dialogo interiore. E' un arte per imparare ad usare la nostra mente, passando imprescindibilmente per la materialità del corpo. L'esperienza della asana è un mezzo per trascendere la nostra fisicità. Nessuno ci sfida in questo, e men che mai dobbiamo renderne conto a qualcuno.

Inoltre lo yoga non è saper fare fare una asana alla perfezione. Approcciarsi a questa millenaria disciplina con questo intento lo riduce ad una semplice attività fisica. Di quelle che si fanno in palestra insomma. Questo dimostra come l'intenzione sia fondamentale. Se l'aspettativa si riduce ad aver un bel corpo e trascorrere un momento di relax, si perde l'essenza dello yoga, che tra le tante cose aiuta anche ad uscire da questo tunnel in cui avere un bel corpo è davvero un ossessione. (Devo ammettere che su questo aspetto per me c'è davvero tanto da lavorare). Il corpo deve essere funzionale a supportare il nostro cammino in questa vita ed in unione ed armonia con la mente per fondersi in un unico sistema. La parola "yoga" significa infatti "unione"di mente, corpo ed anima. 

Yogi Bhajan, il fondatore del Kundalini yoga, ha detto che se per elevarsi occorreva saper fare una posizione alla perfezione, i circensi sarebbero stati tutti yogin. E negli occhi di queste "campionesse" dal fisico scolpito, non mi sembra di leggere compassione.

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