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venerdì 9 marzo 2012

La mia mano.


Esperimenti hanno dimostrato come anche le sedute di meditazione meno fruttifere, producano dei cambiamenti. Il solo fatto di sedersi a gambe incrociate e sforzarsi di riportare la mente all’oggetto di concentrazione, genera una trasformazione.

Però non è questo che ci dobbiamo appellare. Direi piuttosto che non ci dovremmo fare troppe domande, né avere grandi aspettative nei confronti della nostra pratica. Anche con questo tipo di pensieri dovremmo adottare un atteggiamento di mera osservazione. È solo in questo modo che riusciremo a fare un po’ di ordine nella nostra mente.

Lavorare per obiettivi è diventato un modo di essere nella nostra società. Non facciamoci ingannare da questo cliché. Lasciamo che rimanga relegato all’ambito lavorativo (per poi sradicarlo anche da là). Indipendentemente dalla tradizione che abbiamo deciso di abbracciare, abbandoniamoci ad essa. Senza farci troppe domande. Quando smetteremo di chiederci come e perché che gli effetti benefici arriveranno maggiormente alla nostra consapevolezza.

E' proprio quando ci sembra di ristagnare nella pratica, che avviene qualcosa che ci aiuta a non mollare. Spesso si tratta di un piccolo salto, eppure è proprio quello che ti da la forza di andare avanti. Perché anche quando non ce ne rendiamo conto, andiamo lo stesso verso una nuova direzione.

Così un paio di settimane fa mentre facevo la mia classe di yoga, il mio insegnante mi ha chiesto di percepire il palmo della mano ed a terra. E per alcuni istanti, nonostante l’intensità della posizione, sono diventata la mia mano.



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